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Dante Alighieri: il suo anno e il suo imperituro valore culturale

L'anno di Dante

L’anno di Dante

Poche settimane fa i calendari hanno segnato un evento culturale di grande rilevanza, il Dantedì, ossia la giornata in memoria del Sommo Poeta, padre della lingua italiana e sublime autore della “Comedìa”, uno dei capolavori della letteratura a livello internazionale.

In realtà tutto il 2021 è un anno dedicato a Dante, in Italia e non solo. Sono molte le città che organizzano mostre, seminari, conferenze per celebrarne la figura e rendergli omaggio a 700 anni dalla sua morte.

Bolzano non è da meno. In collaborazione con l’Ufficio Cultura in lingua italiana della Provincia, il locale Comitato della Società Dante Alighieri ha organizzato un interessante calendario di eventi sul tema.

La frecciata a Dante da un arco impreciso

È in questa cornice intrisa di

  • spinte innovatrici che avvicinarono tutti all’arte letteraria, oltre il confine degli esclusivi ceti colti, con il riscatto della lingua volgare;
  • un plurilinguismo non solo lessicale, ma anche di stili;
  • una innovativa convergenza fra l’io esistenziale e quello trascendentale (Dante che nel suo viaggio, in qualche modo, rappresenta se stesso ma anche l’Uomo)

che si inserisce la strana presa di posizione di un editorialista tedesco, tale Arno Widmann.

Le idee bislacche contenute nel suo articolo non avrebbero, molto probabilmente, avuto eco se non fossero state riprese da alcune testate giornalistiche italiane.

Titolando il suo articolo “Die Guten ins Töpfchen, die Schlechten ins Kröpfchen“, Widmann biasima Dante, „moralizzatore perbenista“ che si erge a deus ex machina dividendo buoni e cattivi.  Lo fa giudicandolo, utilizzando cioè la stessa motivazione per cui lo condanna.

Non solo, spingendosi ben oltre, mette in dubbio che il Sommo Poeta sia il padre della lingua italiana, avendo scritto un’opera universalmente nota che tuttavia, fra i banchi di scuola risulterebbe, a suo dire, incomprensibile. L’ apologia del tedesco E. Schmidt, direttore degli Uffizi, mette il punto.

Il giornalista, ancora, riprende vecchi cliché, come la “copiatura” dalla tradizione islamica, tralasciando il valore dell’ispirazione nell’arte e i riferimenti evidenti (e mai celati) fin dal principio. Infine, e solo per voler riassumere il lungo articolo, lo paragona –sminuendone il valore culturale- alla modernità di Shakespeare (vissuto ben 300 anni dopo).

Cultura è rispetto

Nel parallelismo di Esopo – “The smaller the mind the greater the conceit” – c’è tutto il valore dell’importanza di aprire mente e cuore alla conoscenza per ampliare gli orizzonti emotivi e intellettivi.

Nel diniego del valore culturale di un’opera (e del suo Autore) universalmente noto e apprezzato da 700 anni, invece, c’è l’intenzione di crepare un pilastro culturale che è riferimento internazionale.

Un pensiero culturale non dovrebbe essere così superficiale, né collegarsi mai al “sentito dire”; è altresì un processo che, coinvolgendo i sensi, richiama l’intelletto e stimola il pensiero critico, mescolando ragione e sentimento.

Al di là di nazionalità, religioni, fedi e appartenenze ci sono bellezze universalmente riconosciute ma non conseguentemente apprezzate. È lecito. Lo è meno l’avanzamento di tesi avanguardistiche barcollanti che sottintendono il disvalore di una intellighenzia che è un prestigio senza confini.

Approfondimenti danteschi

L’interessante iniziativa del CalendaDante   offre pillole di conoscenza culturale mese per mese. Notevole anche il progetto di illustrare con 100 quadri i Canti della Divina Commedia: uno al giorno qui su Facebook.

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