Motivazione intrinseca: cosa significa?
Alla domanda “Perché ti sei iscritto/a a questo corso di lingua?” le risposte possono essere molteplici, ma una (con le sue variabili) ritorna ciclicamente, fortemente ancorata al suo scoglio pragmatico, sul versante diametralmente opposto a quello qui indagato: “Per ottenere la certificazione X/Per prendere il patentino di bilinguismo X“.
In questo caso è chiaro quanto sia forte il legame tra la motivazione allo studio e una “ricompensa” esterna, tangibile.
La motivazione intrinseca (= che nasce da dentro) è l’esatto opposto: è quella spinta a fare per il gusto di farlo, per migliorare noi stessi, incrementare le nostre conoscenze e il nostro bagaglio formativo. Agisco per il piacere di farlo, senza pressioni e senza stress da prestazione!
Perché la motivazione intrinseca ha un potere speciale
Iniziare qualcosa (un progetto, un’attività, uno studio, un corso, etc.) per l’autentico piacere di farlo è la chiave per un approccio soddisfacente e arricchente, non privo di ricompense! Una (o più) motivazione intrinseca nell’intraprendere un percorso specifico, ci predispone alla migliore delle ricompense: uno sconvolgimento emotivo positivo che influenzerà, a sua volta, la totalità del nostro essere. Questo succede perché, così facendo, beneficiamo degli influssi positivi del
- fare attività (ritenute stimolanti ed interessanti) per il semplice piacere di farle
- compiacersi delle nuove positività derivanti dai nuovi apprendimenti
- aumentare la consapevolezza in ambiti nuovi o, comunque, scarsamente conosciuti
È importante evidenziare come, al pari dei bisogni fisici come il mangiare e il dormire, anche la psiche necessita di attenzioni legate alle sfere della competenza, dell’autonomia e della relazione°. La motivazione intrinseca alimenta questi settori.
Il riferimento al mondo delle lingue
La motivazione sta alla base dell’apprendimento, anche di quello linguistico. Per spiegare meglio questo concetto, utilizzeremo le parole di P. E. Balboni*, massimo esponente della linguistica italiana e riferimento di prim’ordine per la glottodidattica. Nel 2002 Balboni scriveva, riguardo alla motivazione, di
- dovere: imparo solo perché sono obbligato! Ciò non porterà ad una autentica acquisizione poiché tutto quello che viene appreso verrà presto rimosso;
- bisogno: so che devo imparare per un motivo specifico! Questa motivazione si insedia nell’emisfero sinistro;
- piacere: mi interessa e mi piace questo percorso di apprendimento! L’emisfero destro si potenzia della forza più prorompente che, unita al bisogno, diventa “potentissima”.
È chiaro che una classificazione così netta non trova mai riscontro nella realtà: piuttosto un intreccio delle tre, sovente.
Lezioni che motivano intrinsecamente
A questo punto risulta evidente quanto peso abbiano la didattica e l’insegnante in questo processo. È stato dimostrato che studenti motivati sono neurobiologicamente più ricettivi agli input. I bravi insegnanti sanno alimentare questo fuoco, senza lasciare indietro nessuno, compresi coloro i quali partono da motivazioni prepotentemente strumentali. Il lavoro costante nella didattica, dunque, è quello per la preparazione di input, per dirla sempre con Balboni*, che rispondano ai seguenti cinque requisiti:
- odorare di novità
- avere forza attrattiva
- essere funzionali ai bisogni degli studenti
- essere realizzabili (= non eccessivamente difficili)
- essere socialmente sicuri, per evitare la paura di sbagliare, la vergogna
nel rispetto perpetuo di ogni studente, in ogni lezione di ogni corso.
NOTE:
° i tre bisogni secondo la Self Determination Theory
* Balboni, P. E. (2002) Le sfide di Babele, Utet, Torino